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Boca tasi se te vol basi

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I racconti di Valentino Morello
Boca tasi se te vol basi



Pieretto Morellato ogni sabato e domenica girava i paesi attorno alla sua casa alla disperata ricerca di ragazze: la voglia era tanta e la buona volontà e l'impegno perfino commoventi, ma i risultati erano disastrosi. La colpa era di un suo grosso difetto, un diffettaccio di quelli che uno se li porta dietro fin da quando nasce, e non vanno più via perché, in questo mondo, è più facile perdere le virtù che i difetti.
Dunque, Pieretto Morellato non riusciva a tener la bocca chiusa quando, invece, avrebbe dovuto tapparla anche con le mani per non lasciar uscire le parole, le frasi, i discorsi che, poi, diventavano la sua rovina.
In realtà era un’anima candida e non metteva cattive intenzioni in quello che gli capitava di dire: perché… gli “capitava” proprio, e non sapeva neanche lui perché né come: ma, nel medesimo istante, faceva di quelle figure che avrebbe voluto sprofondare chilometri sotto terra.
Qualche volta, le parole gli uscivano senza che lui avesse pensato a quello che stava per dire: come quella sera che stava ballando in discoteca con una prosperosa ragazzotta, abbondante in tutte le misure, che ogni tanto (non essendo particolarmente agile) gli pestava i piedi.  Dopo l’ennesimo pestone (probabilmente più robusto degli altri) la ragazza si decise ad urlargli, nella confusione della musica e della gente:
"Scusa Pieretto!".
"Ah, non importa – rispose lui con un largo sorriso – tanto son bituà a ciapàr pestoni in stala da le vache!".


Pieretto e la dama dei pestoni!

Qualche volta, lo tradiva la sua assoluta mancanza di “diplomazia” e di quel briciolo di furbizia che può far dire le piccole, innocenti bugie: come quella sera che era stato addirittura invitato a cena in casa di una ragazza, e tutto era andato benino fino al momento del caffè, quando la madre della signorina gli chiese se la cena fosse stata di suo gusto.
"Sicuro – rispose Pieretto, con entusiasmo e tutto accaldato – gèra tuto bon, la xe proprio ’na brava cuoca éla!".
"Oh! Grazie!" cinguettò la signora.
Che ne approfittò per parlare ininterrottamente per oltre mezz’ora delle sue virtù domestiche…: "E tutto questo – parve concludere – nonostante (ahimè!) una certa… una certa età…".
Qui fece una lunga pausa, sbattendo le palpebre e sospirando, e poi chiese a bruciapelo a Pieretto:
"Quanti anni mi dà, giovanotto?".
"Beh – balbettò lui – la gavarà… la gavarà… la gavarà sesanta ani!".
Purtroppo per lui, la signora ne aveva veramente sessanta e si offese a morte.
Un’altra sera, era in casa di una signorina (a cui, per così dire, stava strizzando l’occhio) con una decina di amici e amiche; avevano fatto un po’ di baldoria tutti insieme e, ad un certo punto, alla giovane “parona de casa” era venuta l’dea di mostrare alcune foto dell’album di famiglia. Inutile dire che molte delle foto mostravano la signorina in questione nei più vari atteggiamenti:  in due era addirittura tutta nuda (cosa che scatenò l’ilarità generale ed i falsi rossori della signorina, forse perché una la ritraeva all’età di sei mesi e l’altra all’età di due anni).
Nell’album erano immortalati, naturalmente, altri personaggi, su alcuni dei quali la combriccola esprimeva divertiti commenti, talvolta maliziosi e pungenti; e Pieretto, che non  voleva rinunciare alla sua battuta, ad un certo punto indicò un tizio che il fotografo aveva fissato in languida posa accanto ad un’avvenente signora.
"Vardé, tosati, che facia da béco che gà ’sto qua!".
La faccia apparteneva al papà della signorina.
Dopo altre esperienze di questo genere ed altre infelici serate, Pieretto Morellato non osava più farsi vedere in giro e, soprattutto, non apriva bocca.
Ma un bizzarro destino lo fece incontrare con una signorina molto loquace, che fu conquistata da quell’uomo timido e scontroso, che non parlava mai.
Tutto andò bene finché lei si accontentò delle tangibili prove d’amore offerte da Pieretto (che aveva messo il lucchetto - sia ben chiaro - soltanto alle corde vocali); ma alla signorina, ad un certo punto, venne l’insopprimibile esigenza di sentirsi dire una vera e propria dichiarazione d’amore.
Così, cominciò a stuzzicarlo, a tormentarlo: e “amore mio” di qua e “amore mio” di là; e “dimmi che mi ami” e “dimmi che sono l’unica donna della tua vita” e “dimmi che non puoi vivere senza di me”. E quello – muso duro e baréta fracàda – faceva al massimo di sì o di no scuotendo la testa.
Finché un bel giorno (il giorno che finì il loro amore) lei gli si parò innanzi e gli gridò:
"Ma insomma, Pieretto! Dimmi almeno una volta “Ti amo”, dài! Almeno una volta… Cosa ti costa? Dimmelo! Dimmelo!".
E lui:
"No!… parché… gò paura de dir ’na monàda!".

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